L’abuso del diritto, in materia tributaria, è un istituto di origine giurisprudenziale ed è generalmente individuato in quelle operazioni, prive di spessore economico, che l’impresa mette in atto con l’obiettivo principale di ottenere risparmi di imposta attraverso l’utilizzo distorto di schemi giuridici.
Ognuno di questi, visto singolarmente, appare perfettamente legittimo, mentre, nel complesso, il fine ultimo è quello di ottenere unicamente dei vantaggi fiscali.
Il divieto dell’abuso del diritto rientra tra gli istituti cosiddetti antielusivi.
Nell’ordinamento giuridico italiano non è presente una clausola antielusiva generale. Attualmente la norma antielusiva di riferimento è costituita dall’articolo 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 (inserito dall’articolo 7 del D.Lgs. n. 358 del 1997).
La prima manifestazione normativa di contrasto alle pratiche abusive è stata quella dell’articolo 10 della legge n. 408 del 1990 che consente all’amministrazione finanziaria di disconoscere i vantaggi tributari conseguiti in operazioni di concentrazione, trasformazione, scorporo, cessione di azienda, riduzione di capitale, liquidazione, valutazione di partecipazioni, cessione di crediti e cessione o valutazione di valori mobiliari poste in essere senza valide ragioni economiche allo scopo esclusivo di ottenere fraudolentemente un risparmio di imposta.
Successivamente per le stesse fattispecie è intervenuto l’articolo 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 (inserito dall’articolo 7 del D.Lgs. n. 358 del 1997) che , anche se applicabile ad un numero limitato di operazioni, nell’ambito della disciplina dell’accertamento delle imposte sui redditi, costituisce attualmente la norma antielusiva di riferimento, .
La norma dispone l’inopponibilità all’amministrazione finanziaria degli atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, se:
- privi di valide ragioni economiche;
- diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario;
- volti ad ottenere un vantaggio fiscale indebito (riduzione d’imposta o rimborso).
Le norme antielusive si applicano in un numero circoscritto di casi in quanto il comma 3 dell’art. 37 bis del D.P.R. 600 tratta principalmente di operazioni straordinarie.
Il comma 2 dell’art. 37 bis del D.P.R. 600 stabilisce che: “L’amministrazione finanziaria disconosce i vantaggi tributari
conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi di cui al comma 1,
applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all’amministrazione.”
L’amministrazione, a pena di nullità, prima di emanare l’avviso di accertamento deve chiedere al contribuente dei chiarimenti, da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta. In tale richiesta devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili le disposizioni antielusive.
L’avviso di accertamento deve essere specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente. L’amministrazione applica le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all’amministrazione. Le imposte o le maggiori imposte così accertate sono iscritte a ruolo, unitamente ai relativi interessi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale.
I soggetti diversi dai destinatari delle norme antielusione che hanno partecipato alle operazioni abusive e che hanno pagato imposte a seguito dei comportamenti disconosciuti dall’amministrazione finanziaria possono richiedere il rimborso delle imposte pagate proponendo, a tal fine, istanza di rimborso all’amministrazione entro un anno dal giorno in cui l’accertamento è divenuto definitivo o è stato definito mediante adesione o conciliazione giudiziale. L’amministrazione provvede nei limiti dell’imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito di tali procedure.
Infine, la norma dispone la disapplicazione delle norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, ove il contribuente dimostri che, nella particolare fattispecie, tali effetti elusivi non potevano verificarsi. A tal fine il contribuente deve presentare istanza al direttore regionale delle entrate competente per territorio, descrivendo compiutamente l’operazione e indicando le disposizioni normative di cui chiede la disapplicazione.