Criptovalute – IVA

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza 22 ottobre 2015 (causa C-264/14), ha stabilito che le operazioni che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale bitcoin e viceversa, costituiscono prestazioni di servizio a titolo oneroso.
I giudici lussemburghesi hanno annoverato tali operazioni tra quelle «relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio» di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112. Muovendo da tale assunto, l’agenzia delle Entrate con la risoluzione 72/E del 2016, ha stabilito che tali operazioni sono esenti Iva, in base all’articolo 10, comma 1, n. 3 del Dpr 633/1972.
In questa stessa prospettiva, si muove la prima sentenza di un giudice italiano in tema di criptovalute (sentenza. 195/2017) del Tribunale di Verona che equipara l’acquisto di criptovalute a un contratto di investimento.

Criptovalute – Quadro RW – Quadro RT

Larticolo 4, comma 1, dl 167/1990, ha posto l’obbligo per i residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività’ estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, di indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi (Quadro RW).

L’obbligo di monitoraggio non sussiste per i depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero il cui valore massimo complessivo raggiunto nel corso del periodo d’imposta non sia superiore a 15.000 euro (art. 2 della Legge n. 186 del 2014); resta fermo l’obbligo di compilazione del quadro laddove sia dovuta l’IVAFE.

Ora si pone il problema sulla qualificazione delle criptovalute.

L’acquisto di criptovalute sarebbe soggetto agli obblighi di monitoraggio anche se di valore inferiore ai 15mila euro (articolo 4, comma 3, Dl 167/1990) in quanto il suddetto limite si rivolge solo a «depositi e conti correnti bancari», mentre la stessa Banca d’Italia (comunicazione del 30 gennaio 2015) ha affermato che le criptovalute non sono valute aventi corso legale (“Le Valute Virtuali  non sono moneta legale e non devono essere confuse con la moneta elettronica“).

Gli obblighi di monitoraggio  sussistono solo per i beni “esteri”.

Ora c’è da considerare che la tecnologia blockchain, sulla quale si basano i bitcoin e altre criptovalute, rende, a di poco,  arduo determinare una loro precisa localizzazione geografica.

Le criptovalute sono dematerializzate, non hanno un “emittente” localizzabile in un determinato Stato e non prevedono un intermediario e le loro modalità di archiviazione sono  variegate e modificabili.

Le criptovalute, infatti, sono a-territoriali, non sono né in Italia né all’estero. Si può dire,  che le criptovalute sono nella “rete” (nella blockchain), per la quale non esiste né un concetto di “estero” né di territorio nazionale.

Si può così giungere alla conclusione che l’obbligo di indicazione nel quadro RW non sussista ogni qualvolta la persona fisica abbia la disponibilità della chiave privata, che rappresenta il “mezzo” attraverso il quale la stessa persona manifesta la volontà di disporre delle criptovalute.

L’indicazione nel quadro RW può sussistere solo per le criptovalute per le quali le chiavi private sono gestite dal custodial wallet, se quest’ultimo risulta soggetto residente o domiciliato all’estero. L’indicazione non avrebbe senso, invece, per le criptovalute gestite attraverso custodial residenti in Italia, venendo a mancare ogni legame con l’estero.

Fondamentale è il criterio di valorizzazione e , per quanto  disposto dalla circolare n. 28/E del 2 luglio 2012 (al paragrafo 2.3, Base imponibile dell’IVAFE ),  per le criptovalute dovrebbe sempre valere il criterio residuale del costo di acquisto (“nell’ipotesi in cui manchi sia il valore nominale sia il valore di rimborso la base imponibile è costituita dal valore di acquisto dei titoli”) in quanto le criptovalute non sono una valuta avente corso legale; non sono investimenti aventi una quotazione in un mercato regolamentato e non hanno né un valore nominale, né un valore di rimborso.

Una importante indicazione è  contenuta in una risposta (non pubblica) rilasciata dall’agenzia delle Entrate (Dre Lombardia) a un interpello, il n. 956-39/2018: “i bitcoin, e in generale le criptovalute, vanno monitorati nel quadro RW del modello Redditi PF 2018 se detenute al di fuori del circuito degli intermediari residenti“.

Dando seguito alla risoluzione n. 72/E/2016 l’amministrazione conferma, nel rispetto della circolare n. 38/E/2013 sul monitoraggio fiscale, che anche le valute virtuali ricadono nell’obbligo dichiarativo nel Quadro RW.

Ai fini Irpef, l’Amministrazione richiama le conclusioni della risoluzione 72/E ribadendo che le valute virtuali, se detenute al di fuori del regime di impresa, possono generare un reddito diverso tassabile secondo i principi che regolano le operazioni aventi a oggetto valute tradizionali, previsti dall’articolo 67, comma 1-ter del T.U.I.R..

Può  rilevare ogni conversione di bitcoin  realizzata per effetto di una cessione  a pronti se la giacenza media dell’insieme dei “wallet” (portafoglio elettronico, considerato l’equivalente di un deposito tradizionale ai fini dell’articolo 67)  detenuti dal contribuente, ha superato il controvalore di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi.

“Art. 67, comma 1-ter, del TUIR: Le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento sia superiore a cento milioni di lire per almeno sette giorni lavorativi continui.”

La giacenza va calcolata sulla base del rapporto di cambio al 1° gennaio (1), rilevato sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale o in mancanza quello dove ha effettuato la maggior parte delle operazioni. La plusvalenza (al netto di eventuali minusvalenze scomputabili) va dichiarata nel quadro RT, Plusvalenze di natura finanziaria, utilizzando il criterio Lifo (2)  in caso di vendite parziali, liquidando la relativa imposta sostitutiva del 26%. Il costo, se non documentabile, può essere calcolato dividendo l’importo del bonifico effettuato all’exchanger per il numero di criptovalute acquistate.

Ai fini Ivafe, in senso opposto all’assimilazione tra wallet e depositi sopra accennata, l’Agenzia precisa che le criptovalute non sono soggette a tassazione in quanto l’imposta si applica esclusivamente ai depositi e conti correnti di natura “bancaria”.

Nel documento si precisa che l’investimento in criptovalute va monitorato utilizzando, ai fini della conversione in euro, il cambio al 31 dicembre (o alla data di vendita), rilevato sul sito utilizzato per l’acquisto, e il codice 14 «altre attività estere di natura finanziaria» in colonna 3.

Le plusvalenze realizzate per effetto di una cessione di criptovalute a termine costituiscono sempre redditi diversi. Di conseguenza, come tali, devono essere indicati nel quadro RT del modello Unico PF di dichiarazione ed essere assoggettati ad imposta sostitutiva con aliquota del 26 per cento (Vedi: art. 67 del Tuir, primo comma c-ter): “le plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lettere c) e c-bis), realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi, sempreche’ siano allo stato grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad organismi d’investimento collettivo. Agli effetti dell’applicazione della presente lettera si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente.

Le cessioni a pronti di criptovalute non generano redditi imponibili salvo la giacenza “media” dei wallet complessivamente detenuti dal contribuente, superi il controvalore in euro di 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta. In tal caso, va compilato il quadro RT come previsto per le cessioni a termine

L’agenzia delle Entrate (Dre Liguria) con la risposta all’interpello n. 903-47/2018 ha ribadito che la detenzione di criptovalute e di token al di fuori dell’attività di impresa, comprese quelle derivanti dalla partecipazione ad Ico (Initial coin offering) generate da un cosiddetto «crowdsale», va sempre monitorata nel quadro Rw, mentre ogni transazione in euro non «a pronti», anche generata da quell’attività, produce redditi da dichiarare al quadro Rt da assoggettare ad imposta sostitutiva del 26 per cento.

(1) cfr. circolare 24 giugno 1998, n. 165: 
la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di valute rivenienti da depositi e conti correnti si ha solo nel caso in cui la giacenza in valuta nei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente sia superiore a 100 milioni di lire per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta in cui la plusvalenza e’ stata realizzata. Il valore in lire della giacenza in valuta va calcolato secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, e cioe’ al 1 gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione (prelievo), verificando altresi’ che in tale anno la anzidetta giacenza si sia protratta per almeno sette giorni lavorativi continui. Resta inteso che, qualora non risulti integrata la condizione precedentemente individuata, non si rendono deducibili neppure le minusvalenze eventualmente
realizzate.

(2)  Interpello n. 956-39/2018: Si fa presente, inoltre, che ai fini della determinazione di un’eventuale plusvalenza derivante dal prelievo dal wallet, che abbia superato la predetta giacenza media, si deve utilizzare il costo di acquisto e che agli effetti della determinazione delle plusvalenze/minusvalenze si considerano cedute per prime le valute acquisite in data più recente (cfr. articolo 67, comma 1-bis, del TUIR).

Criptovalute – Interpello n. 956-39/2018

INTERPELLO
Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente
QUESITO 
Il contribuente è [•].
Nel corso dell’anno 2013 ha acquistato alcuni bitcoin, su un sito “exchanger”, e li ha depositati su un proprio address privato.
Il contribuente rappresenta di disporre di un prezzo medio di acquisto approssimativo (di circa xxx euro) in quanto non ha conservato copia delle transazioni di acquisto e, allo stato attuale, il sito “exchanger” è chiuso.
Nel corso del 2017, il contribuente ha utilizzato parte dei bitcoin detenuti per acquistare xxx kg di oro da investimento su un sito internet (intermediario estero) che consente l’acquisto di oro direttamente tramite bitcoin.
L’oro era inizialmente depositato a nome dell’intermediario estero presso un depositario estero, con sede in Svizzera.
Il contribuente ha, successivamente chiesto il trasferimento a proprio nome dell’oro acquistato, che è rimasto presso il depositario estero.
L’istante rappresenta che, in precedenza, ha già presentato istanza di interpello n. xxx-y/2017 e xxx-yyyy/2017, in merito alla tassazione delle operazioni di cambio di bitcoin con euro.
Con la presente istanza, il contribuente chiede se l’acquisto dell’oro con i bitcoin genera una plusvalenza fiscalmente rilevante.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
Il contribuente, anche sulla base delle precedenti riposte della Direzione Regionale della Lombardia, ritiene che l’operazione di vendita di bitcoin in cambio di oro non debba essere assoggettata a tassazione.
Il contribuente intende, invece, indicare l’oro depositato in Svizzera nel quadro RW della propria Dichiarazione Redditi Persone fisiche 2018.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE 
In “attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006”, è stato adottato il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90, in vigore dal 4 luglio 2017.
L’articolo 1 del suddetto decreto legislativo ha sostituito, tra l’altro, l’articolo 1 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 introducendo la nozione di “valuta virtuale”.
In particolare, il novellato articolo 1, comma 2, lettera qq), del decreto legislativo n. 231 del 2007, definisce “valuta virtuale” “la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi è trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.
In altri termini, in base a tale definizione, il legislatore riconosce normativamente: – l’utilizzo delle valute virtuali come strumento di pagamento alternativo a quelli tradizionalmente utilizzati nello scambio di beni e servizi; – definisce tale “strumento di pagamento” quale “rappresentazione digitale di valore”, “trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente
In materia, la Scrivente con la risoluzione 2 settembre 2016, n. 72/E ha fornito chiarimenti sostanzialmente in linea con la citata normativa.
Nel citato documento di prassi è stato precisato che il bitcoin è una tipologia di moneta “virtuale” utilizzata come “moneta” alternativa a quella tradizionale avente corso legale emessa da una Autorità monetaria, la cui circolazione si fonda su un principio di accettazione volontaria da parte degli operatori privati.
Le valute virtuali hanno due fondamentali caratteristiche.
In primo luogo, esse non hanno natura fisica, bensì digitale, essendo create, memorizzate e utilizzate attraverso dispositivi elettronici (ad esempio, pc smartphone) e vengono conservate in “portafogli elettronici” (c.d. wallet).
Inoltre, le stesse sono liberamente accessibili e trasferibili dal titolare, in possesso delle necessarie credenziali, in qualsiasi momento senza bisogno dell’intervento di terzi.
Più nello specifico, il wallet, in essenza, è una coppia di chiavi crittografiche di cui:
(i) la chiave pubblica, comunicata agli altri utenti, rappresenta l’indirizzo a cui associare la titolarità delle valute virtuali ricevute;
(ii) la chiave privata, mantenuta segreta per garantire la sicurezza delle valute associate, consente di trasferire valute virtuali ad altri portafogli.
Esistono differenti tipologie di wallet, classificati in base a criteri diversi tra i quali quelli più rilevanti si basano sulla tecnologica del mezzo di conservazione (i.e. paperhardwaredesktopmobileweb), sulla connettività alla rete dell’ambiente in cui sono archiviate le chiavi (i.e. hot wallet cold wallet) e sul controllo o meno della chiave privata da parte dell’utente (custodial/non custodial wallet).
In secondo luogo, le valute virtuali sono emesse e funzionano grazie a dei codici crittografici ed a complessi calcoli algoritmici. In particolare, i bitcoin vengono generati grazie alla creazione di algoritmi matematici, tramite un processo di mining (letteralmente “estrazione”) e i soggetti che creano e sviluppano tali algoritmi sono detti miner.
Lo scambio dei predetti codici criptati tra gli utenti (user), operatori sia economici che privati, avviene per mezzo di un’applicazione software.
Per utilizzare i bitcoin, gli utenti devono entrarne in possesso: – estraendoli; – acquistandoli da altri soggetti in cambio di valuta legale; – accettandoli come corrispettivo per la vendita di beni o servizi.
Gli user utilizzano le valute virtuali, in alternativa alle valute tradizionali, principalmente come mezzo di pagamento per regolare gli scambi di beni e servizi ma anche per fini speculativi attraverso piattaforme di negoziazione on line (c.d. “exchanger”) che consentono lo scambio di bitcoin (o altre valute virtuali) con altre valute tradizionali sulla base del relativo tasso di cambio (ad esempio, è possibile scambiare bitcoin con euro al tasso BTC/EURO).
Il mercato delle valute virtuali, infatti, è un mercato estremamente volatile che presenta quindi forti oscillazioni al rialzo o al ribasso. Approfittando di tale volatilità può essere realizzata un’attività speculativa a breve termine. Alcuni siti, sui quali è possibile effettuare negoziazioni di bitcoin, consentono di eseguire anche contratti per differenza (Contract for Difference – CFD).
Chi pone in essere questi contratti non compra, materialmente, bitcoin ma sottoscrive un contratto finanziario derivato denominato CFD.
Sul punto, si precisa che l’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo Unico della Finanza – TUF) individua tra i contratti finanziari per differenza, i contratti di acquisto e vendita di valuta, estranei a 5 transazioni commerciali e regolati per differenza, anche mediante operazioni di rinnovo automatico (c.d. “roll-over”).
Con riferimento al trattamento fiscale applicabile alle operazioni relative alle valute virtuali, come precisato nella citata risoluzione n. 72/E del 2016, non si può prescindere da quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza 22 ottobre 2015, causa C-264/14.
Pertanto, in ossequio al predetto orientamento giurisprudenziale, in via di prassi è stato chiarito che l’attività di intermediazione di valute tradizionali con bitcoin, svolta in modo professionale ed abituale, costituisce un’attività rilevante oltre agli effetti dell’Iva anche dell’Ires e dell’Irap, soggetta agli obblighi di adeguata verifica della clientela, di registrazione e di segnalazione previsti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
Alla luce di quanto precede si ritiene che, ai fini delle imposte sul reddito, delle persone fisiche che detengono bitcoin (o altre valute virtuali) al di fuori dell’attività d’impresa, alle operazioni di conversione di valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali.
Conseguentemente, le cessioni a pronti di valuta virtuale non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa salvo generare un reddito diverso qualora la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), e del comma 1-ter del medesimo articolo.
Per cessione a pronti si intende una transazione in cui si ha lo scambio immediato di una valuta contro una valuta differente. Il valore in euro della giacenza media in valuta virtuale va calcolato secondo il cambio di riferimento all’inizio del periodo di imposta, e cioè al 1° gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione (cfr. circolare 24 giugno 1998, n. 165).
Resta inteso che, qualora non risulti integrata la condizione 6 precedentemente individuata, non si rendono deducibili neppure le minusvalenze eventualmente realizzate.
Tenuto conto che manca un prezzo ufficiale giornaliero cui fare riferimento per il rapporto di cambio tra la valuta virtuale e l’euro all’inizio del periodo di imposta, il contribuente può utilizzare il rapporto di cambio al 1° gennaio rilevato sul sito dove ha acquistato la valuta virtuale o, in mancanza, quello rilevato sul sito dove effettua la maggior parte delle operazioni.
Detta giacenza media va verificata rispetto all’insieme dei wallet detenuti dal contribuente indipendentemente dalla tipologia dei wallet (paperhardwaredesktopmobileweb).
Ai fini della eventuale tassazione del reddito diverso occorre, dunque, verificare se la conversione di bitcoin con altra valuta virtuale (oppure da valute virtuali in euro) avviene per effetto di una cessione a termine oppure se la giacenza media del wallet abbia superato il controvalore in euro di 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta.
Si fa presente, inoltre, che ai fini della determinazione di un’eventuale plusvalenza derivante dal prelievo dal wallet, che abbia superato la predetta giacenza media, si deve utilizzare il costo di acquisto e che agli effetti della determinazione delle plusvalenze/minusvalenze si considerano cedute per prime le valute acquisite in data più recente (cfr. articolo 67, comma 1-bis, del TUIR).
Inoltre, in caso di bitcoin ricevuti “a titolo gratuito”, il costo iniziale da considerare è quello sostenuto dal donante, ai sensi del comma 6 dell’articolo 68 del TUIR. Per quanto riguarda, i redditi derivanti dalle operazioni realizzate sul mercato FOREX e da Contract for Difference (CFD) aventi ad oggetto valute virtuali, si ritiene che gli stessi costituiscano redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-quater), del TUIR.
Tali redditi, se percepiti da parte di un soggetto persona fisica al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, sono soggetti ad imposta sostitutiva a norma 7 dell’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 (cfr. risoluzione n. 102/E del 25 ottobre 2011).
Ai sensi dell’articolo 68, comma 8, del TUIR, i suddetti redditi sono costituiti dal risultato che si ottiene facendo la somma algebrica dei differenziali positivi o negativi nonché degli altri proventi od oneri, percepiti o sostenuti, in relazione a ciascuno dei rapporti.
I redditi diversi di natura finanziaria in questione devono essere indicati nel quadro RT della Modello Redditi – Persone Fisiche e sono soggetti ad imposta sostitutiva con aliquota del 26 per cento.
Per quanto riguarda gli obblighi di monitoraggio fiscale, si fa presente che il citato decreto legislativo n. 90 del 2017, oltre a definire la valuta virtuale, ha tra l’altro modificato alcune disposizioni relative al monitoraggio fiscale di cui al decreto legge 28 giugno 1990, n. 167 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227 e successive modificazioni).
In particolare, sono stati estesi gli obblighi di monitoraggio fiscale, ordinariamente previsti per gli intermediari bancari e finanziari, altresì ai soggetti (c.d. “operatori non finanziari”) che intervengono, anche attraverso movimentazione di “conti”, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 15.000 euro.
Ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990, inoltre, è previsto l’obbligo di compilazione del quadro RW della Modello Redditi – Persone Fisiche, da parte delle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, tra le quali le valute estere.
Come chiarito dalla circolare 23 dicembre 2013, n. 38/E (paragrafo 1.3.1.) sono soggette al medesimo obbligo anche le attività finanziarie estere detenute in Italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti.
Poiché alle valute virtuali si rendono applicabili i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali nonché le disposizioni in materia di antiriciclaggio, si ritiene che anche le valute virtuali devono essere oggetto di comunicazione attraverso il citato quadro RW, indicando alla colonna 3 (“codice individuazione bene”) il codice 14 – “Altre attività estere di natura finanziaria”. Il controvalore in euro della valuta virtuale detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento deve essere determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale.
Negli anni successivi, il contribuente dovrà indicare il controvalore detenuto alla fine di ciascun anno o alla data di vendita nel caso di valuta virtuale vendute in corso d’anno.
Da ultimo, si precisa che le valute virtuali non sono seggette all’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (c.d. IVAFE, istituita dall’articolo 19 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni), in quanto tale imposta si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura “bancaria” (cfr. circolare 2 luglio 2012, n. 28/E).
Ciò posto, tenuto conto che il contribuente, nelle precedenti istanze si era limitato a chiedere se le operazioni a pronti erano soggette a tassazione omettendo di indicare quale fosse la reale giacenza media dell’insieme dei propri wallet, ad integrazione di quanto precisato dall’Agenzia nelle risposte alle precedenti istanze di interpello, si chiarisce che qualora nell’anno d’imposta 2016 tale giacenza avesse superato il controvalore in euro di 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, anche le operazioni di cambio effettuate in tale periodo d’imposta erano soggette a tassazione per effetto del combinato disposto dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), e comma 1-ter, del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. 9 Pertanto, nel caso in cui la giacenza media abbia superato il predetto limite, le citate risposte fornite dalla Direzione Regionale della Lombardia si intendono superate.
Qualora ricorra tale ipotesi il contribuente potrà presentare la dichiarazione integrativa relativa al periodo d’imposta 2016 ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, senza applicazione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 10, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212. Analogamente, per quanto riguarda la tassazione dell’operazione di acquisto dei 3 kg di oro oggetto del presente interpello, qualora i bitcoin detenuti abbiano superato il valore di euro di 51.645,69, per almeno sette giorni lavorativi nel periodo d’imposta 2017, l’acquisto dell’oro avrà comportato il realizzo di una plusvalenza, per effetto del prelievo dei bitcoin dal wallet, che deve essere indicata nel quadro RT della Dichiarazione dei Redditi – Persone Fisiche e assoggettata ad imposta sostitutiva con aliquota del 26 per cento.
Tale plusvalenza deve essere determinata come differenza tra il controvalore in euro dell’oro acquistato e il costo dei bitcoin calcolato sulla base del criterio L.I.F.O., il costo deve essere documentato dal contribuente.
Nel caso di specie, il contribuente afferma di non essere in grado di documentare il costo dei bitcoin, in quanto il sito dove li ha acquistati è stato chiuso, ma dichiara di essere in grado di dimostrare l’avvenuto bonifico verso l’exchanger.
Nel presupposto che a fronte di tale bonifico, il contribuente abbia acquistato esclusivamente bitcoin e che gli stessi non siano stati oggetto di successive operazioni, il contribuente può determinare il costo di acquisto come costo medio derivante dal bonifico effettuato diviso il numero di bitcoin acquistati.
Infine, si fa presente che il contribuente è tenuto alla compilazione del quadro RW, sia in relazione all’oro detenuto che ai bitcoin eventualmente ancora detenuti al termine del periodo d’imposta.
La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale della Lombardia, viene resa dalla scrivente sulla base di quanto previsto al paragrafo 2.8 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 4 gennaio 2016.

Common Reporting Standard (CRS) – Comunicazione tra i Paesi aderenti delle attività finanziarie detenute dai contribuenti

Il Common Reporting Standard (CRS); è uno standard informativo, sviluppato dall’OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD) ), per lo scambio automatico di informazioni, (Automatic Exchange Of Information (AEOI)), a livello globale, tra le autorità fiscali, rivolto a facilitare i controlli anti-evasione, sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti .

(Vedi: http://www.oecd.org/tax/automatic-exchange/)

Introdotto nell’Unione Europea dalla Direttiva 2014/107/UE (DAC 2), questo standard di raccolta e condivisione di dati sui conti esteri, secondo la lista aggiornata al 25 Aprile 2019,  vede impegnati, 105 Stati. Oltre all’Italia, partecipano anche giurisdizioni considerate meno trasparenti (Lussemburgo, Svizzera, Isole Vergini, Cayman, Bermuda e altre).

la Direttiva 2014/107/UE ha modificato la Direttiva 2011/16/UE, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale.

Sulla pagina web dell’OCSE http://www.oecd.org/tax/automatic-exchange/international-framework-for-the-crs/exchange-relationships/#d.en.345426 è possibile reperire informazioni sugli accordi bilaterali conclusi tra le autorità competenti delle varie nazioni.

In base alle modifiche apportate dalla Direttiva 2014/107/UE :

l’autorità competente di ciascuno Stato membro comunica, entro il termine stabilito al paragrafo 6, lettera b), all’autorità competente di qualsiasi altro Stato membro, mediante scambio automatico, le seguenti informazioni sui periodi d’imposta a decorrere dal 1o gennaio 2016 per quanto concerne un Conto Oggetto di Comunicazione:

a)

il nome, l’indirizzo, il numero o i numeri di identificazione fiscale (NIF) e, nel caso di persone fisiche, la data e il luogo di nascita per ciascuna Persona Oggetto di Comunicazione che è Titolare di Conto e, nel caso di un’Entità che è Titolare di Conto e che, dopo l’applicazione delle norme di adeguata verifica in materia fiscale conformemente agli allegati, è identificata come avente una o più Persone che Esercitano il Controllo che sono Persone Oggetto di Comunicazione, il nome, l’indirizzo e il NIF o i NIF dell’Entità e il nome, l’indirizzo, il NIF o i NIF e la data e il luogo di nascita di ogni Persona Oggetto di Comunicazione;

b)

il numero di conto (o equivalente funzionale in assenza di un numero di conto);

c)

il nome e l’eventuale numero di identificazione dell’Istituzione Finanziaria Tenuta alla Comunicazione;

d)

il saldo o il valore del conto (compreso, nel caso di un Contratto di Assicurazione per il quale è Misurabile un Valore Maturato o di un Contratto di Rendita, il Valore Maturato o il valore di riscatto) alla fine del pertinente anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione ovvero, se il conto è stato chiuso nel corso di tale anno o periodo, la chiusura del conto;

e)

nel caso di un Conto di Custodia:

i)

l’importo totale lordo degli interessi, l’importo totale lordo dei dividendi e l’importo totale lordo degli altri redditi generati in relazione alle attività detenute nel conto, in ogni caso pagati o accreditati sul conto (o in relazione al conto) nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione; e

ii)

gli introiti totali lordi derivanti dalla vendita o dal riscatto delle Attività Finanziarie pagati o accreditati sul conto nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione in relazione al quale l’Istituzione Finanziaria Tenuta alla Comunicazione ha agito in qualità di custode, intermediario, intestatario o altrimenti come agente per il Titolare del Conto;

f)

nel caso di un Conto di Deposito, l’importo totale lordo degli interessi pagati o accreditati sul conto nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione; e

g)

nel caso di un conto non descritto alla lettera e) o alla lettera f), l’importo totale lordo pagato o accreditato al Titolare del Conto in relazione allo stesso nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione in relazione al quale l’Istituzione Finanziaria Tenuta alla Comunicazione è l’obbligato o il debitore, compreso l’importo complessivo di eventuali pagamenti di riscatto effettuati al Titolare del Conto nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione

In base alla Direttiva la comunicazione di informazioni ha luogo come segue:

a)

per le categorie di cui al paragrafo 1: almeno una volta all’anno, entro i sei mesi successivi al termine dell’anno fiscale dello Stato membro durante il quale le informazioni sono state rese disponibili;

b)

per le informazioni di cui al paragrafo 3 bis: una volta all’anno, entro i nove mesi successivi al termine dell’anno solare o altro adeguato periodo di rendicontazione cui le informazioni si riferiscono.»

In  attuazione della Legge 18 giugno 2015, n. 95 e della Direttiva 2014/107/UE del Consiglio, del 9 dicembre 2014, recante modifica della Direttiva 2011/16/UE, per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale è stato emanato il Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze 28 dicembre 2015.

Nell’art. 3 del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze 28 dicembre 2015 sono elencate le informazioni oggetto di comunicazione.

Ai sensi della lettera a) del primo comma dell’art. 1 del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze 28 dicembre 2015 , si intende per «Giurisdizione oggetto di comunicazione» qualsiasi giurisdizione estera che figura nell’allegato «C» al decreto. L’allegato C comprende qualsiasi Stato membro dell’Unione europea diverso dall’Italia nonche’ qualsiasi giurisdizione con la quale l’Italia o l’Unione europea ha sottoscritto un accordo in base al quale tale giurisdizione ricevera’ le informazioni di cui all’art. 3.

Successivamente l’elenco degli Stati di cui all’allegato C, che riceveranno le informazioni di cui all’art. 3, è stato aggiornato dall’art. 1 del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze del 26 aprile 2018 e dal Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze del 9 maggio 2019.

L’elenco aggiornato al Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze del 9 maggio 2019, di cui all’allegato C del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze 28 dicembre 2015, ricomprende:

N. Giurisdizioni Anno del primo scambio di informazioni Primo periodo d’imposta oggetto di comunicazione
1 Andorra 2018 2017
2 Arabia Saudita 2018 2017
3 Argentina 2017 2016
4 Australia 2018 2017
5 Austria 2017 2016
6 Azerbaijan 2018 2017
7 Barbados 2019 2018
8 Belgio 2017 2016
9 Bonaire 2017 2016
10 Brasile 2018 2017
11 Bulgaria 2017 2016
12 Canada 2018 2017
13 Cile 2018 2017
14 Cipro 2017 2016
15 Colombia 2017 2016
16 Corea 2017 2016
17 Croazia 2017 2016
18 Danimarca 2017 2016
19 Estonia 2017 2016
20 Federazione Russa 2018 2017
21 Finlandia* 2017 2016
22 Francia** 2017 2016
23 Germania 2017 2016
24 Giappone 2018 2017
25 Gibilterra 2017 2016
26 Grecia 2017 2016
27 Groenlandia 2018 2017
28 Guernsey 2017 2016
29 Hong Kong 2018 2017
30 India 2017 2016
31 Indonesia 2018 2017
32 Irlanda 2017 2016
33 Islanda 2017 2016
34 Isola di Man 2017 2016
35 Isole Cook 2019 2018
36 Isole Faroe 2017 2016
37 Israele 2018 2017
38 Jersey 2017 2016
39 Lettonia 2017 2016
40 Liechtenstein 2017 2016
41 Lituania 2017 2016
42 Lussemburgo 2017 2016
43 Malesia 2018 2017
44 Malta 2017 2016
45 Mauritius 2018 2017
46 Messico 2017 2016
47 Monaco 2018 2017
48 Norvegia 2017 2016
49 Nuova Zelanda 2018 2017
50 Paesi Bassi 2017 2016
51 Pakistan 2018 2017
52 Panama 2019 2018
53 Polonia 2017 2016
54 Portogallo*** 2017 2016
55 Regno Unito 2017 2016
56 Repubblica Ceca 2017 2016
57 Repubblica PopolareCinese 2018 2017
58 Repubblica Slovacca 2017 2016
59 Romania 2017 2016
60 Saba 2017 2016
61 San Marino 2017 2016
62 Seychelles 2017 2016
63 Singapore 2018 2017
64 Sint Eustatius 2017 2016
65 Slovenia 2017 2016
66 Spagna**** 2017 2016
67 Sudafrica 2017 2016
68 Svezia 2017 2016
69 Svizzera 2018 2017
70 Ungheria 2017 2016
71 Uruguay 2018 2017
* Include: Isole Åland.** Include: Guadalupa, Guyana francese, Martinica, Riunione, Saint Martin e Mayotte, Saint Barthelemy.
*** Include: Azzorre e Madera.
****Include: Isole Canarie.

Ai sensi della lettera b) del primo comma dell’art. 1 del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze 28 dicembre 2015 , si intende per «Giurisdizione partecipante» qualsiasi giurisdizione estera che figura nell’allegato «D» al decreto. L’allegato D comprende qualsiasi Stato membro dell’Unione europea diverso dall’Italia nonche’ qualsiasi giurisdizione con la quale l’Italia o l’Unione europea ha sottoscritto un accordo in base al quale tale giurisdizione fornira’ alle autorità italiane le informazioni di cui all’art. 3.

Successivamente l’elenco degli Stati di cui all’allegato D, che forniranno le informazioni di cui all’art. 3, è stato aggiornato dall’art. 2 del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze del 26 aprile 2018 e dall’art. 2 del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze del 29 gennaio 2019.

L’elenco aggiornato al Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze del 29 gennaio 2019, di cui all’allegato D del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze 28 dicembre 2015, delle giurisdizioni che  forniranno alle autorità italiane le informazioni di cui all’art. 3 del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze 28 dicembre 2015 ricomprende:

“N. Giurisdizioni
1 ALBANIA
2 ANDORRA
3 ANGUILLA
4 ANTIGUA E BARBUDA
5 ARABIA SAUDITA
6 ARGENTINA
7 ARUBA
8 AUSTRALIA
9 AUSTRIA
10 AZERBAIJAN
11 BARBADOS
12 BAHAMAS
13 BAHRAIN
14 BELGIO
15 BELIZE
16 BERMUDA
17 BONAIRE
18 BRASILE
19 BULGARIA
20 CANADA
21 CILE
22 CIPRO
23 COLOMBIA
24 COREA
25 COSTA RICA
26 CROAZIA
27 CURAÇAO
28 DANIMARCA
29 EMIRATI ARABI UNITI
30 ESTONIA
31 FEDERAZIONE RUSSA
32 FINLANDIA*
33 FRANCIA**
34 GERMANIA
35 GHANA
36 GIAPPONE
37 GIBILTERRA
38 GRECIA
39 GRENADA
40 GROENLANDIA
41 GUERNSEY
42 HONG KONG
43 INDIA
44 INDONESIA
45 IRLANDA
46 ISLANDA
47 ISOLA DI MAN
48 ISOLE CAYMAN
49 ISOLE COOK
50 ISOLE FAROE
51 ISOLE MARSHALL
52 ISOLE TURKS E CAICOS
53 ISOLE VERGINI BRITANNICHE
54 ISRAELE
55 JERSEY
56 KUWAIT
57 LETTONIA
58 LIBANO
59 LIECHTENSTEIN
60 LITUANIA
61 LUSSEMBURGO
62 MACAO
63 MALESIA
64 MALTA
65 MAURITIUS
66 MESSICO
67 MONACO
68 MONSERRAT
69 NAURU
70 NIGERIA
71 NIUE
72 NORVEGIA
73 NUOVA ZELANDA
74 PAESI BASSI
75 PAKISTAN
76 PANAMA
77 POLONIA
78 PORTOGALLO***
79 QATAR
80 REGNO UNITO
81 REPUBBLICA CECA
82 REPUBBLICA POPOLARE CINESE
83 REPUBBLICA SLOVACCA
84 ROMANIA
85 SABA
86 SAINT KITTS E NEVIS
87 SAINT LUCIA
88 SAINT VINCENT E GRENADINES
89 SAMOA
90 SAN MARINO
91 SEYCHELLES
92 SINGAPORE
93 SINT EUSTATIUS
94 SINT MAARTEN
95 SLOVENIA
96 SPAGNA****
97 SUDAFRICA
98 SVEZIA
99 SVIZZERA
100 TURCHIA
101 UNGHERIA
102 URUGUAY
103 VANUATU
* Include: Isole Åland.** Include: Guadalupa, Guyana francese, Martinica, Riunione, Saint Martin e Mayotte, Saint Barthelemy.
*** Include: Azzorre e Madera.
**** Include: Isole Canarie.”.

Gli Stati Uniti non hanno aderito allo Standard CRS.

La motivazione utilizzata è quella di aver già implementato uno Standard di scambio automatico delle informazioni (il FATCA).

Il FATCA è un accordo multilaterale equivalente a quello elaborato dall’OCSE e già operativo rispetto ad un ampio numero di Stati in virtù degli appositi accordi intergovernativi stipulati.

(Vedi: Legge 18 giugno 2015 , n. 95,Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d’America finalizzato a migliorare la compliance fiscale internazionale e ad applicare la normativa F.A.T.C.A. (Foreign Account Tax Compliance Act) , con Allegati, fatto a Roma il 10 gennaio 2014, nonché disposizioni concernenti gli adempimenti delle istituzioni finanziarie italiane ai fini dell’attuazione dello scambio automatico di informazioni derivanti dal predetto Accordo e da accordi tra l’Italia e altri Stati esteri)

L’effetto immediato di detenere redditi o conti correnti in un Paese che adotta il Common Reporting Standard, o che aderisce al FATCA, è che automaticamente queste informazioni saranno disponibili dall’Agenzia delle Entrate.

I dati finanziari detenuti saranno annualmente trasmessi all’Agenzia delle Entrate italiana e potranno essere utilizzati per controllare la regolarità della posizione fiscale del contribuente.

E’ fondamentale dichiarare all’istituto finanziario estero, la propria residenza fiscale effettiva. Da tener presente che alcune giurisdizioni stanno applicando sanzioni penali per lo spergiuro sulle dichiarazioni dell’indirizzo di residenza.

Un esempio di efficacia del sistema CRS è il provvedimento 299737/2017 emanato dall’Agenzia delle Entrate, “Comunicazione per la promozione dell’adempimento spontaneo nei confronti dei contribuenti che hanno omesso di dichiarare per l’anno d’imposta 2016 le attività finanziarie detenute all’estero, come previsto dalla disciplina sul monitoraggio fiscale“.
L’obiettivo  delle “lettere” era di «stimolare la regolarizzazione spontanea da parte del destinatario che potrà presentare, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso, una dichiarazione dei redditi integrativa con il quadro RW correttamente compilato e inserendo altresì gli eventuali redditi percepiti in relazione alle attività detenute all’estero negli appositi quadri dichiarativi».

Le anomalie dichiarative relative all’anno d’imposta 2016 sono state individuate grazie alle informazioni sui dati finanziari pervenute dagli altri Paesi che avevano già aderito per il primo anno allo standard CRS.

Vedi anche:
https://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Schede/Comunicazioni/Scambio+Automatico+Finanziario+Internazionale/InfoGen+Scambio+Automatico+Finanziario+Internazionale/?page=schedecomunicazioni

Per la normativa di riferimento italiana vedi:  https://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Schede/Comunicazioni/Scambio+Automatico+Finanziario+Internazionale/Normativa+di+riferimento+Scambio+Automatico+Finanziario+Internazionale/?page=schedecomunicazioni

 

Prestazione di servizi rese da soggetto extra Ue

Nella disciplina Iva delle operazioni effettuate con controparti non residenti assume particolare rilievo la questione relativa agli adempimenti che il committente nazionale deve porre in essere per assoggettare ad Iva i servizi presso soggetti passivi d’imposta in altri Stati (Ue o extraUe), per i quali è stata verificata la rilevanza territoriale in Italia.

Ai sensi dell’articolo 7-ter del DPR n. 633/72 le prestazioni  di servizi si considerano effettuate in Italia quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio nazionale, nonché da questi a soggetti privati.

In pratica tutte le prestazioni di servizi generiche, non rientranti nelle deroghe contenute negli articoli da 7-quater a 7-septies, sono imponibili in Italia se rese da soggetto Passivo non residente, a un soggetto passivo Iva residente.

L’articolo 17, comma 2, primo periodo, del DPR n. 633/1972  (1), nel confermare l’obbligo di assoggettamento ad Iva in capo al soggetto nazionale in presenza delle predette operazioni territorialmente rilevanti in Italia dispone che, quando il fornitore non è situato in un Paese UE,  la tecnica da utilizzare è l’autofattura.

L’autofattura è costituita da un nuovo esemplare di fattura che il cessionario o committente Italiano è tenuto ad emettere nei confronti di se stesso.

L’autofattura, emessa in un unico esemplare, deve essere datata e protocollata per l’annotazione nel registro Iva vendite e nel registri Iva acquisti rendendo di regola neutrale l’operazione.

L’autofattura deve necessariamente possedere, ai fini della sua corretta validità, i sotto indicati requisiti:

  • L’annotazione della dicitura “autofatturazione“;
  • I dati del fornitore residente in Stato Extra-UE;
  • L’ammontare delle operazioni esenti, non imponibili, e imponibili con l’indicazione della relativa imposta.

Per quanto riguarda l’autofattura ex articolo 17, comma 2, questa deve essere emessa entro il giorno 15 del mese successivo rispetto a quello di effettuazione dell’operazione.

(1) (Articolo 17, comma 2, primo periodo, del DPR n. 633/1972 
……………….
Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all’articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti.……………….).

L’inversione contabile (reverse charge) per le cessioni di beni e alle prestazioni di servizi rese da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea

La Legge di stabilità 2013, L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 325, lettera b) ha modificato l’art. 17 del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 stabilendo  che dal 1° gennaio 2013 viene  estesa l’applicazione della procedura di assolvimento dell’IVA con la tecnica dell’inversione contabile (integrazione e registrazione della fattura  ex artt. 46 e 47, D.L. n. 331/1993 (1)) oltre che ai servizi generici di cui all’art.7-ter del D.P.R. 633/72, anche alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi (anche non generici) rese da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea.

“Art. 17 D.P.R. 633/72 ……. nel caso di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione e di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 . ……. “

L’inversione contabile  (c.d. “reverse charge”) è un  metodo di applicazione dell’IVA che consente di effettuare l’inversione contabile dell’imposta direttamente sul destinatario della cessione del bene o della prestazione di servizio, anziché sul cedente.

Il reverse charge permette di far ricadere gli obblighi IVA sul destinatario della cessione o della prestazione, qualora sia soggetto passivo nel territorio dello Stato. Per applicarlo è necessario, infatti, che entrambe le parti siano soggetti passivi Iva di imposta e che il destinatario del bene risieda nel territorio dello Stato.

Sul piano pratico l’uso del “reverse charge” prescrive che chi emette la fattura non deve applicare l’aliquota relativa alla transazione ma riportare in fattura la dicitura “inversione contabile”.

Il venditore emette fattura senza addebitare l’imposta (cioè senza includere l’IVA da aggiungere all’imponibile per determinare il totale della fatturazione), mentre l’acquirente integra la fattura ricevuta con l’applicazione dell’aliquota IVA prevista.

L’acquirente ha l’ulteriore obbligo contabile di annotare la fattura di acquisto in 2 registri IVA: nel registro IVA vendite e, ai fini della detrazione, nel registro IVA acquisti.

Gli obblighi  a cui è sottoposto il cessionario/committente sono:
  • se riceve la fattura del fornitore comunitario entro la fine del 2° mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione deve:
     numerarla e integrarla con il controvalore in euro della base imponibile, con l’ammontare dell’Iva calcolata secondo l’aliquota vigente e deve essere indicato il titolo “operazione non soggetta”, “operazione non imponibile” o “operazione esente” mentre l’indicazione del riferimento normativo, è facoltativo e non più obbligatorio dal 2013;
    – annotarla distintamente nel registro Iva vendite secondo l’ordine della numerazione entro il 15 del mese successivo a quello di ricevimento, ma con riferimento al mese precedente;
    – annotarla distintamente nel registro acquisti per poter detrarre l’IVA in un lasso temporale che va dal mese in cui l’imposta diventa esigibile e fino alla scadenza del termine della dichiarazione annuale relativa al 2° anno successivo;
  • in caso di inadempienza del fornitore comunitario, cioè se il committente non riceve la fattura entro la fine del 2° mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione deve:
    – emettere autofattura (art.46, co.5 D.L. 331/93) entro il giorno 15 del 3° mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione;
    – annotarla nel registro vendite entro il termine di emissione e con riferimento al mese precedente nonché, anche se la circolare non lo ricorda, nel registro degli acquisti ai fini della detrazione dell’imposta;
  • nel caso riceva una fattura con corrispettivo inferiore, deve:
    – emettere autofattura integrativa (art.46, co.5 D.L. 331/93), entro il giorno 15 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata la registrazione della fattura originaria;
    – nonché, anche se la circolare non lo sottolinea, effettuare la doppia annotazione nei medesimi termini visti.

Per applicare il reverse charge, quindi, il cliente effettua la c.d. doppia annotazione ai fini IVA, così che chi riceve la fattura, integrandola  con l’ammontare IVA e annotandola sia nel registro IVA vendite che in quello degli acquisti, fa sì che l’operazione risulti neutra.

Riportiamo il punto 2, Capitolo IV: Novità in materia di imposta sul valore aggiunto, della Circolare n. 12/E del 3 maggio 2013 

“L’articolo 1, comma 325, lettera b) della legge di stabilità 2013, modifica l’articolo 17, secondo comma, secondo periodo, del dPR n. 633 del 1972, in materia di inversione contabile.

Trattasi delle disposizioni concernenti l’individuazione del debitore dell’imposta relativamente alle operazioni effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti.

In particolare, l’attuale secondo periodo del citato articolo 17 secondo comma, dispone che “… nel caso di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.”

Al riguardo, si osserva che la previgente disposizione imponeva l’assolvimento dell’imposta da parte del committente mediante la procedura di integrazione e di registrazione prevista dagli articoli 46 e 47 del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, esclusivamente per le prestazioni di servizi di cui all’articolo 7-ter, del dPR n. 633/1972 (cd “prestazioni generiche”), effettuate da un operatore comunitario 37 nei confronti di un soggetto passivo sito nel territorio dello Stato (cfr circolare n. 35/E del 20 settembre 2012, punto 3.1).

Per effetto delle modifiche sopra richiamate, dal 1° gennaio 2013 la medesima procedura di assolvimento dell’imposta si applica sia alle cessioni di beni (diverse dagli acquisti intracomunitari che sono oggetto di una specifica disciplina nel D.L. 331 del 1993) sia a tutte le prestazioni di servizi (anche “non generiche”) rese da un soggetto passivo comunitario nel territorio della Stato.

Dal 1° gennaio 2013, quindi, il committente/cessionario nazionale dovrà:

  • numerare la fattura del fornitore comunitario e integrarla con l’indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell’operazione espressi in valuta estera, nonché dell’ammontare dell’IVA, calcolata secondo l’aliquota applicabile (articolo 46, comma 1, decreto legge n. 331/1993);
  • annotare la fattura, come sopra integrata, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente, distintamente nel registro IVA vendite (articolo 23, dPR n. 633/1972), secondo l’ordine della numerazione, con l’indicazione anche del corrispettivo dell’operazione espresso in valuta estera (articolo 47, comma 1, primo periodo, decreto legge n. 331/1993, come da ultimo sostituito dall’art. 1, comma 326, lett. f), n. 1), L. 24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere dal 1° gennaio 2013);
  • annotare la stessa fattura integrata, distintamente, anche nel registro IVA acquisti (articolo 25, dPR n. 633/1972), al fine di esercitare la detrazione eventualmente spettante (articolo 47, comma 1, terzo periodo, decreto legge n. 331/1993). In particolare, come già chiarito con la circolare n. 37/E del 29 luglio 2011, parag. 4.3, la fattura potrà essere annotata, ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del d.P.R. n. 633, a partire dal mese in cui l’imposta diviene esigibile e fino alla scadenza del termine della dichiarazione annuale relativa al secondo anno in cui l’imposta è divenuta esigibile (termine ultimo per esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA ex articolo 19).
  • emettere autofattura entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione – nel caso di mancata ricezione della fattura del fornitore comunitario entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione – ed annotarla entro il termine di emissione e con riferimento al mese precedente (articoli 46, comma 5 e 47 comma 1, secondo periodo, del DL n. 331 del 1993).

Si osserva, infine, che per effetto delle modifiche sopra richiamate, valgono anche con riferimento ai servizi diversi da quelli generici i chiarimenti resi con la citata circolare n. 35/E, laddove è stato precisato che la fattura emessa dal prestatore comunitario non residente può essere assunta come indice dell’effettuazione dell’operazione, cui va ricondotta l’esigibilità dell’imposta, che deve essere assolta dal cessionario/committente, a prescindere dall’effettuazione del pagamento.

(1)(Decreto-legge del 30/08/1993 n. 331
Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana 30 agosto 1993, n. 203

Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l’esclusione dall’Ilor dei redditi di impresa fino all’ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l’istituzione per il 1993 di un’imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie. [Legge IVA comunitaria]
Convertito in legge, con modifiche, dall’art. 1, L. 29.10.1993, n. 427 (G.U. 29.10.1993, n. 255)
TITOLO II Armonizzazione della disciplina dell’imposta sul valore aggiunto
CAPO II Disciplina temporanea delle operazioni intracomunitarie e dell’imposta sul valore aggiunto

Articolo 46
Fatturazione delle operazioni intracomunitarie.

In vigore dal 01/01/2013

Modificato da: Legge del 24/12/2012 n. 228 Articolo 1

Nota:
Le disposizioni del presente articolo, come modificato, da ultimo, dall’art. 1, comma 326, lett. e) legge 24 dicembre 2012 n. 228, si applicano alle operazioni effettuate a partire dal 1 gennaio 2013.

  1. La fattura relativa all’acquisto intracomunitario deve essere numerata e integrata dal cessionario con l’indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell’operazione, espressi in valuta estera, nonche’ dell’ammontare dell’imposta, calcolata secondo l’aliquota dei beni. Se trattasi di acquisto intracomunitario senza pagamento dell’imposta o non imponibile o esente, in luogo dell’ammontare dell’imposta nella fattura deve essere indicato il titolo con l’eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o nazionale.
  2. Per le cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 41, e’ emessa fattura a norma dell’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, con l’indicazione, in luogo dell’ammontare dell’imposta, che si tratta di operazione non imponibile e con l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale. La fattura deve inoltre contenere l’indicazione del numero di identificazione attribuito, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, al cessionario dallo Stato membro di appartenenza; in caso di consegna del bene al cessionario di questi in diverso Stato membro, dalla fattura deve risultare specifico riferimento. La fattura emessa per la cessione di beni, spediti o trasportati da uno Stato membro in altro Stato membro, acquistati senza pagamento dell’imposta a norma dell’articolo 40, comma 2, secondo periodo, deve contenere il numero di identificazione attribuito al cessionario dallo Stato membro di destinazione dei beni e la designazione dello stesso quale debitore dell’imposta.
  3. La fattura di cui al comma 2, se trattasi di beni spediti o trasportati dal soggetto passivo o per suo conto, ai sensi dell’articolo 41, comma 2, lettera c), nel territorio di altro Stato membro, deve recare anche l’indicazione del numero di identificazione allo stesso attribuito da tale Stato; se trattasi di cessioni di beni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di cui all’articolo 41, comma 1, lettera b), non si applica la disposizione di cui al secondo periodo del comma 2.
  4. Se la cessione riguarda mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 38, comma 4, nella fattura devono essere indicati anche i dati di identificazione degli stessi; se la cessione non e’ effettuata nell’esercizio di imprese, arti e professioni tiene luogo della fattura l’atto relativo alla cessione o altra documentazione equipollente.
  5. Il cessionario di un acquisto intracomunitario di cui all’articolo 38, commi 2 e 3, lettere b) e c), che non ha ricevuto la relativa fattura entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, deve emettere entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione stessa la fattura di cui al comma 1, in unico esemplare; se ha ricevuto una fattura indicante un corrispettivo inferiore a quello reale deve emettere fattura integrativa entro il giorno 15 del mese successivo alla registrazione della fattura originaria.

Articolo 47
Registrazione delle operazioni intracomunitarie.

In vigore dal 01/01/2013

Modificato da: Legge del 24/12/2012 n. 228 Articolo 1

Nota:
Le disposizioni del presente articolo, come modificato, da ultimo, dall’art. 1, comma 326, lett. f) legge 24 dicembre 2012 n. 228, si applicano alle operazioni  effettuate a partire dal 1 gennaio 2013.

  1. Le fatture relative agli acquisti intracomunitari di cui all’articolo 38, commi 2 e 3, lettera b), previa integrazione a norma dell’articolo 46, comma 1, sono annotate distintamente, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente, nel registro di cui all’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, secondo l’ordine della numerazione, con l’indicazione anche del corrispettivo delle operazioni espresso in valuta estera. Le fatture di cui all’articolo 46, comma 5, sono annotate entro il termine di emissione e con riferimento al mese precedente. Ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta, le fatture sono annotate distintamente anche nel registro di cui all’articolo 25 del predetto decreto.
  2. I contribuenti di cui all’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, possono annotare le fatture di cui al comma 1 nel registro di cui al successivo articolo 24 anziche’ in quello delle fatture emesse, ferme restando le prescrizioni in ordine ai termini e alle modalita’ indicate nel comma 1.
  3. I soggetti di cui all’articolo 4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non soggetti passivi d’imposta, annotano le fatture di cui al comma 1, previa loro progressiva numerazione ed entro gli stessi termini indicati al comma 1, in apposito registro, tenuto e conservato a norma dell’articolo 39 dello stesso decreto n. 633 del 1972.
  4. Le fatture relative alle cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 46, comma 2, sono annotate distintamente nel registro di cui all’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, secondo l’ordine della numerazione ed entro il termine di emissione, con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione.
  5. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 4 non si applicano alle operazioni relative ai mezzi di trasporto nuovi, di cui all’articolo 38, comma 4, delle quali non e’ parte contraente un soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato.)

Servizi ricevuti da operatori economici aventi sede in altri Stati UE

Nel caso di servizi ricevuti da operatori economici aventi sede in altri Stati UE, se si tratta di un servizio generico la regola generale stabilisce che siano assoggettati ad IVA in Italia (Paese del committente).

Pertanto il committente italiano , soggetto passivo, dovrà assoggettare ad IVA la prestazione mediante il meccanismo del reverse charge.

L’l’IVA è applicata in Italia e mediante l’applicazione del reverse charge da parte del committente italiano (integrazione e registrazione della fattura prevista per gli acquisti intracomunitari di beni ex artt. 46 e 47, D.L. n. 331/1993 (1)). Operazione imponibile in Italia.

Ricevuta la fattura da parte dell’operatore UE senza applicazione dell’IVA dovrà:

  • numerare la fattura del fornitore comunitario e integrarla indicando l’ammontare dell’IVA, calcolata secondo l’aliquota applicabile in vigore in Italia per quell’operazione. L’integrazione deve essere fatta sulla stessa fattura estera;
  • annotare (registrare) la fattura, previa integrazione con i dati indicati in precedenza, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura stessa ma con riferimento al mese precedente, distintamente nel registro IVA delle fatture emesse secondo l’ordine della numerazione. L’operazione va quindi riferita alla liquidazione periodica del mese nel quale la fattura è ricevuta.
  • annotare (registrare) la fattura integrata, distintamente, anche nel registro IVA acquisti per esercitare il diritto alla detrazione eventualmente spettante.

(1)(Decreto-legge del 30/08/1993 n. 331
Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana 30 agosto 1993, n. 203

Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l’esclusione dall’Ilor dei redditi di impresa fino all’ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l’istituzione per il 1993 di un’imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie. [Legge IVA comunitaria]
Convertito in legge, con modifiche, dall’art. 1, L. 29.10.1993, n. 427 (G.U. 29.10.1993, n. 255)
TITOLO II Armonizzazione della disciplina dell’imposta sul valore aggiunto
CAPO II Disciplina temporanea delle operazioni intracomunitarie e dell’imposta sul valore aggiunto

Articolo 46
Fatturazione delle operazioni intracomunitarie.

In vigore dal 01/01/2013

Modificato da: Legge del 24/12/2012 n. 228 Articolo 1

Nota:
Le disposizioni del presente articolo, come modificato, da ultimo, dall’art. 1, comma 326, lett. e) legge 24 dicembre 2012 n. 228, si applicano alle operazioni effettuate a partire dal 1 gennaio 2013.

  1. La fattura relativa all’acquisto intracomunitario deve essere numerata e integrata dal cessionario con l’indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell’operazione, espressi in valuta estera, nonche’ dell’ammontare dell’imposta, calcolata secondo l’aliquota dei beni. Se trattasi di acquisto intracomunitario senza pagamento dell’imposta o non imponibile o esente, in luogo dell’ammontare dell’imposta nella fattura deve essere indicato il titolo con l’eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o nazionale.
  2. Per le cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 41, e’ emessa fattura a norma dell’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, con l’indicazione, in luogo dell’ammontare dell’imposta, che si tratta di operazione non imponibile e con l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale. La fattura deve inoltre contenere l’indicazione del numero di identificazione attribuito, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, al cessionario dallo Stato membro di appartenenza; in caso di consegna del bene al cessionario di questi in diverso Stato membro, dalla fattura deve risultare specifico riferimento. La fattura emessa per la cessione di beni, spediti o trasportati da uno Stato membro in altro Stato membro, acquistati senza pagamento dell’imposta a norma dell’articolo 40, comma 2, secondo periodo, deve contenere il numero di identificazione attribuito al cessionario dallo Stato membro di destinazione dei beni e la designazione dello stesso quale debitore dell’imposta.
  3. La fattura di cui al comma 2, se trattasi di beni spediti o trasportati dal soggetto passivo o per suo conto, ai sensi dell’articolo 41, comma 2, lettera c), nel territorio di altro Stato membro, deve recare anche l’indicazione del numero di identificazione allo stesso attribuito da tale Stato; se trattasi di cessioni di beni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di cui all’articolo 41, comma 1, lettera b), non si applica la disposizione di cui al secondo periodo del comma 2.
  4. Se la cessione riguarda mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 38, comma 4, nella fattura devono essere indicati anche i dati di identificazione degli stessi; se la cessione non e’ effettuata nell’esercizio di imprese, arti e professioni tiene luogo della fattura l’atto relativo alla cessione o altra documentazione equipollente.
  5. Il cessionario di un acquisto intracomunitario di cui all’articolo 38, commi 2 e 3, lettere b) e c), che non ha ricevuto la relativa fattura entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, deve emettere entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione stessa la fattura di cui al comma 1, in unico esemplare; se ha ricevuto una fattura indicante un corrispettivo inferiore a quello reale deve emettere fattura integrativa entro il giorno 15 del mese successivo alla registrazione della fattura originaria.

Articolo 47
Registrazione delle operazioni intracomunitarie.

In vigore dal 01/01/2013

Modificato da: Legge del 24/12/2012 n. 228 Articolo 1

Nota:
Le disposizioni del presente articolo, come modificato, da ultimo, dall’art. 1, comma 326, lett. f) legge 24 dicembre 2012 n. 228, si applicano alle operazioni  effettuate a partire dal 1 gennaio 2013.

  1. Le fatture relative agli acquisti intracomunitari di cui all’articolo 38, commi 2 e 3, lettera b), previa integrazione a norma dell’articolo 46, comma 1, sono annotate distintamente, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente, nel registro di cui all’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, secondo l’ordine della numerazione, con l’indicazione anche del corrispettivo delle operazioni espresso in valuta estera. Le fatture di cui all’articolo 46, comma 5, sono annotate entro il termine di emissione e con riferimento al mese precedente. Ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta, le fatture sono annotate distintamente anche nel registro di cui all’articolo 25 del predetto decreto.
  2. I contribuenti di cui all’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, possono annotare le fatture di cui al comma 1 nel registro di cui al successivo articolo 24 anziche’ in quello delle fatture emesse, ferme restando le prescrizioni in ordine ai termini e alle modalita’ indicate nel comma 1.
  3. I soggetti di cui all’articolo 4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non soggetti passivi d’imposta, annotano le fatture di cui al comma 1, previa loro progressiva numerazione ed entro gli stessi termini indicati al comma 1, in apposito registro, tenuto e conservato a norma dell’articolo 39 dello stesso decreto n. 633 del 1972.
  4. Le fatture relative alle cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 46, comma 2, sono annotate distintamente nel registro di cui all’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, secondo l’ordine della numerazione ed entro il termine di emissione, con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione.
  5. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 4 non si applicano alle operazioni relative ai mezzi di trasporto nuovi, di cui all’articolo 38, comma 4, delle quali non e’ parte contraente un soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato.)

Prestazioni di servizi rese a soggetti UE o extra-UE

Il D.Lgs n. 18/2010, recependo la Direttiva comunitaria n. 2008/8/CE, ha radicalmente modificato i criteri da applicare in materia di territorialità delle prestazioni di servizi.

il Legislatore nazionale ha così modificato il vecchio art. 7 del D.p.r. 633/1972 introducendo, per le prestazioni di servizi, i nuovi articoli da 7-ter a 7-septies.

Con la riforma si è fissato, come luogo di tassazione a fini IVA,  quello nel quale avviene effettivamente il consumo del servizio.

L’art. 7-ter (1) definisce la regola generale, ovvero il criterio che dobbiamo sempre seguire quando realizziamo (o riceviamo) servizi con operatori non residenti (UE o extra-UE).

La regola generale per l’applicazione dell’IVA nelle prestazioni di servizi è quella secondo cui le prestazioni di servizi sono rilevanti ai fini IVA nel territorio dello Stato al verificarsi di due fattispecie:

  • Quando sono rese a committenti soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato;
  • Quando sono rese a committenti non soggetti passivi d’imposta da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato.

Gli articoli da 7-quater a 7-septies contengono delle deroghe rispetto alla regola generale della territorialità per le prestazioni di servizi. Questi articoli prevedendo differenti criteri per stabilire la rilevanza territoriale di alcune tipologie di servizi.
Ad esempio:

  • Prestazioni di servizi relative a beni immobili;
  • Prestazione di trasporto passeggeri;
  • Prestazioni di ristorazione e catering;
  • Prestazioni di intermediazione, etc

Se una determinata prestazione non ricade in una deroga allora si dovrà applicare la regola generale definita dall’art. 7-ter.

Bisogna distinguere le operazioni:

  • B2B – business to business, ovvero le prestazioni rese a soggetti passivi IVA in altri Stati UE;
  • B2C – business to consumer, ovvero le prestazioni rese verso soggetti privati.

Nelle operazioni B2B il principio di territorialità IVA prevede che sia rilevante la sede del committente. Se la sede è territorialmente rilevante in Italia l’operazione è imponibile. Se la sede è all’estero, l’operazione è non imponibile IVA. Questo ai sensi dell’articolo 7-ter, comma 1, lettera a) del DPR n 633/72.

Nelle operazioni B2C il principio di territorialità IVA prevede che sia rilevante la sede del professionista esecutore della prestazione. Se la prestazione rivolta a soggetto privato estero è effettuata da professionista con sede in Italia, l’operazione è imponibile.

Nel caso in cui la controparte sia un soggetto passivo IVA residente in un altro Stato UE (iscritto al VIES) allora, data la regola generale, che prevede la tassazione del servizio nello Stato del committente, l’operatore italiano dovrà emettere fattura senza l’applicazione dell’IVA, con la dicitura di “inversione contabile” (nomenclatura prevista dall’articolo 21, comma 6-bis, lettera a) del DPR n 633/72 (2)) (“reverse charge”) e l’eventuale riferimento normativo (“art. 7-ter D.p.r. n. 633/1972”).

In fattura non dovrà essere riportata la ritenuta d’acconto in quanto il soggetto committente, anche se titolare di Partita IVA, non assume la veste di sostituto di imposta.

Nel caso di servizio reso nei confronti di un soggetto privato (UE o ExtraUE) allora, secondo la regola dettata dall’art. 7-ter il servizio deve essere tassato nel Paese del prestatore, quindi l’operatore italiano emetterà fattura con l’applicazione dell’IVA.

Il professionista, quindi, emetterà la fattura con IVA italiana, applicando l’aliquota in vigore per la prestazione professionale effettuata. Naturalmente, nella fattura non dovrà essere applicata alcuna ritenuta d’acconto.

Il professionista è tenuto a presentare il modello intrastat trimestralmente e l’esterometro.

Nel caso di servizi erogati a committenti extra-UE imprese si applica il disposto dell’articolo 7-ter del DPR n. 633 del 1972, che per le operazioni B2B, prevede che la prestazione sia imponibile nello Stato di residenza del soggetto committente.

Per le prestazioni di servizi rese a committenti extra-UE titolari di partita Iva, si emetterà fattura che ai fini Iva risulterà“non soggetta”, ai sensi dell’articolo 7-ter comma 1 lettera a) del DPR n. 633 del 1972. In fattura dovrà essere specificatamente indicata la dicitura “operazione non soggetta”, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 21, comma 6-bis, lettera b) del DPR n. 633 del 1972.

Le prestazioni si considerano effettuate al momento di ultimazione della prestazione, ovvero se di carattere periodico o continuativo alla data di maturazione dei corrispettivi, fermo restando che, se antecedentemente a tali momenti viene pagato in tutto o in parte il corrispettivo l’operazione si considera effettuata all’atto del pagamento. Non assume rilevanza l’emissione anticipata della fattura.

(1) Articolo 7 ter
Territorialita’ – Prestazioni di servizi

In vigore dal 20/02/2010
Modificato da: Decreto legislativo del 11/02/2010 n. 18 Articolo 1

Nota: 
Le disposizioni del presente articolo, aggiunto dall’art. 1 decreto legislativo 11 febbraio 2010 n. 18, si applicano alle operazioni effettuate dal 1 gennaio 2010.

1. Le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato:

a) quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato;

b) quando sono rese a committenti non soggetti passivi da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato.

2. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni relative al luogo di effettuazione delle prestazioni di servizi, si considerano soggetti passivi per le prestazioni di servizi ad essi rese:

a) i soggetti esercenti attivita’ d’impresa, arti o professioni; le persone fisiche si considerano soggetti passivi limitatamente alle prestazioni ricevute quando agiscono nell’esercizio di tali attivita’;

b) gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni di cui all’articolo 4, quarto comma, anche quando agiscono al di fuori delle attivita’ commerciali o agricole;

c) gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni, non soggetti passivi, identificati ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

(2) Art. 21, D.P.R. 633/72 

……………………

6-bis. I soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato emettono la fattura anche per le tipologie di operazioni sottoelencate quando non sono soggette all’imposta ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies e indicano, in luogo dell’ammontare dell’imposta, le seguenti annotazioni con l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale:

a) cessioni di beni e prestazioni di servizi, diverse da quelle di cui all’articolo 10, nn. da 1) a 4) e 9), effettuate nei confronti di un soggetto passivo che e’ debitore dell’imposta in un altro Stato membro dell’Unione europea, con l’annotazione “inversione contabile“;

b) cessioni di beni e prestazioni di servizi che si considerano effettuate fuori dell’Unione europea, con l’annotazione “operazione non soggetta“.

……………………

Cessione intracomunitaria di beni

Le cessioni di beni trasportati o spediti dal cedente, dall’acquirente o da un terzo per loro contodal territorio dello Stato italiano a quello di un altro Stato membro, costituiscono cessioni intracomunitarie non imponibili in Italia se si verificano tutte le seguenti condizioni (art. 41 c. 1 D.L. n. 331/93 (1) ):

  • La cessione è effettuata a titolo oneroso;
  • Il cedente è un soggetto passivo in Italia. Ovvero è un soggetto estero che ha nominato un rappresentante fiscale in Italia o si è identificato direttamente;
  • L’acquirente è un soggetto passivo in un altro Stato membro (o, in ogni caso, non un soggetto per il quale si verifichino le condizioni di applicazione, nello Stato membro di appartenenza, del regime derogatorio);
  • Il cessionario agisca in qualità di soggetto passivo, ossia effettuino gli acquisti nell’esercizio di impresa o di arti e professioni;
  • L’acquirente abbia comunicato al cedente il proprio numero di identificazione (partita IVA integrata dalle iniziali dello Stato membro che l’ha rilasciata). Tuttavia, la giurisprudenza ha ritenuto che il numero di identificazione non sia una condizione sostanziale, ma solo un requisito formale che non può mettere in discussione il diritto alla non imponibilità qualora ricorrano le condizioni sostanziali di una cessione intracomunitaria.

Se manca uno dei suddetti requisiti la cessione è assoggettata ad Iva secondo le regole previste dal DPR 633/72.

I beni, prima della cessione intracomunitaria, possono essere sottoposti in Italia, per conto dell’acquirente a lavorazione, trasformazione, assiemaggio o adattamento ad altri beni, da parte del cedente o di terzi.

Alle cessioni di beni soggetti ad accisa (alcole, bevande alcoliche, tabacchi lavorati e prodotti energetici, escluso il gas fornito dal sistema di distribuzione di gas naturale situato nel territorio dell’UE o una rete connessa a un tale sistema) ad un acquirente che beneficia del regime derogatorio nel Paese membro di appartenenza, si applica comunque il principio della tassazione nel Paese membro di destinazione.

Se la cessione intracomunitaria avviene tramite commissionari senza rappresentanza(cioè soggetti che agiscono in nome proprio), il rapporto tra committente e commissionario è soggetto ad IVA quale operazione interna (Risoluzione n. 115/E/2001).

Quando le cessioni presentano le condizioni sopra indicate ma hanno ad oggetto beni per i quali si applica il regime speciale dei beni usati, non sono operazioni intracomunitarie ma cessioni interne allo Stato italiano.

Nella fattura relativa alle cessioni intracomunitarie di beni, non imponibili ai sensi dell’art. 41 del DL n. 331/1993 (2), deve essere indicato:

  • il titolo di non imponibilità, «operazione non imponibile», dicitura che non risulta “assorbita” dall’annotazione “inversione contabile;
  • l’eventuale specificazione della norma di riferimento, comunitaria o nazionale.

Si ha  la facoltà, anziché l’obbligo, di riportare la norma che giustifica la detassazione, che  può essere, a scelta del cedente, quella interna (art. 41 del DL n. 331/1993) o quella comunitaria (art. 138 (3) della Direttiva n. 2006/112/CE).

Per le cessioni espresse in valuta, il tasso di cambio applicabile deve essere individuato secondo le regole generali applicabili alle cessioni interne; si considera pertanto il cambio del giorno in cui è stata effettuata l’operazione o, in mancanza, il cambio del giorno antecedente più vicino.

Per provare l’avvenuta cessione intracomunitaria il fornitore deve innanzitutto disporre del documento di trasporto internazionale via camion – CMR – firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e dal destinatario per ricevuta (da cui risulti l’uscita della merce dal territorio nazionale) (Ris. AE 25 marzo 2013 n. 19/ERis. AE 15 dicembre 2008 n. 477/ERis. AE 28 novembre 2007 n. 345/E).

Il CMR può essere prodotto in formato cartaceo o elettronico (avente lo stesso contenuto di quello cartaceo e messo a disposizione in formato pdf).

Il medesimo contenuto del CMR può essere sostituito da altri documenti da cui si possano ricavare le medesime informazioni, nonché le firme di cedente, vettore e acquirente. E’ ammissibile, anche l’utilizzo delle informazioni tratte dal sistema informatico del vettore, da cui risulti che la merce è uscita dall’Italia ed ha raggiunto lo Stato UE. In tal caso sia il CMR elettronico che le informazioni del sistema informatico devono essere comunque stampati in un documento cartaceo, in quanto privi delle caratteristiche dei documenti informatici (riferimento temporale e firma elettronica).

In assenza del CMR  è ammesso ogni mezzo di prova alternativa in grado di fornire riscontri analoghi, come, ad esempio:

  • Documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti;
  • Fattura di vendita;
  • Documentazione bancaria da cui risulti il pagamento della merce;
  • Eenchi INTRASTAT.

Documenti utili, in assenza del CMR, possono essere anche il DDT controfirmato dal destinatario, il contratto di assicurazione relativo al trasporto delle merci, la conferma scritta, da parte dell’acquirente, del ricevimento della merce.

In assenza di tali documenti, può essere utile anche la prova di fatti secondari dai quali desumere la presenza fisica delle merci in territorio dello Stato UE destinatario.

Per i trasporti diversi da quelli su strada è possibile utilizzare i documenti tradizionali, cioè la polizza di carico (trasporti via mare), lettera di vettura aerea e lettera di vettura ferroviaria (CIM).

Le cessioni a soggetti comunitari di beni introdotti precedentemente in depositi IVA, spediti in uno Stato membro, sono considerate cessioni intracomunitarie.

Le cessioni intracomunitarie sono non imponibili. Ciò significa che pur essendo detassate, esse mantengono, in capo a chi le effettua, tutti gli obblighi e le formalità previsti dalle norme IVA.

Le cessioni intracomunitarie danno diritto alla detrazione o al rimborso dell’IVA assolta sugli acquisti e la possibilità di usufruire, in presenza delle medesime condizioni, della possibilità di acquisto con dichiarazione d’intento previsto per gli esportatori abituali.

(1) Articolo 41 -Decreto-legge del 30/08/1993 n. 331- Cessioni intracomunitarie non imponibili.

Nota: In vigore dal 18/08/2015 Modificato da: Legge del 29/07/2015 n. 115 Articolo 13

1. Costituiscono cessioni non imponibili:

a) le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall’acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti di imposta o di enti, associazioni ed altre organizzazioni indicate nell’articolo 4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non soggetti passivi d’imposta; i beni possono essere sottoposti per conto del cessionario, ad opera del cedente stesso o di terzi, a lavorazione, trasformazione, assiemaggio o adattamento ad altri beni. La disposizione non si applica per le cessioni di beni, diversi dai prodotti soggetti ad accisa, nei confronti dei soggetti indicati nell’articolo 38, comma 5, lettera c), del presente decreto, i quali, esonerati dall’applicazione dell’imposta sugli acquisti intracomunitari effettuati nel proprio Stato membro, non abbiano optato per l’applicazione della stessa; le cessioni dei prodotti soggetti ad accisa sono non imponibili se il trasporto o spedizione degli stessi sono eseguiti in conformita’ degli articoli 6 e 8 del presente decreto;

b) le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni diversi da quelli soggetti ad accisa, spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro nei confronti di cessionari ivi non tenuti ad applicare l’imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l’applicazione della stessa. La disposizione non si applica per le cessioni di mezzi di trasporto nuovi e di beni da installare, montare o assiemare ai sensi della lettera c). La disposizione non si applica altresi’ se l’ammontare delle cessioni effettuate in altro Stato membro non ha superato nell’anno solare precedente e non supera in quello in corso 100.000 euro, ovvero l’eventuale minore ammontare al riguardo stabilito da questo Stato a norma dell’articolo 34 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006. In tal caso e’ ammessa l’opzione per l’applicazione dell’imposta nell’altro Stato membro dandone comunicazione all’ufficio nella dichiarazione, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, relativa all’anno precedente ovvero nella dichiarazione di inizio dell’attivita’ o comunque anteriormente all’effettuazione della prima operazione non imponibile. L’opzione ha effetto, se esercitata nella dichiarazione relativa all’anno precedente, dal 1 gennaio dell’anno in corso e, negli altri casi, dal momento in cui e’ esercitata, fino a quando non sia revocata e, in ogni caso, fino al compimento del biennio successivo all’anno solare nel corso del quale e’ esercitata; la revoca deve essere comunicata all’ufficio nella dichiarazione annuale ed ha effetto dall’anno in corso;

c) le cessioni, con spedizione o trasporto dal territorio dello Stato, nel territorio di altro Stato membro di beni destinati ad essere ivi installati, montati o assiemati da parte del fornitore o per suo conto.

2. Sono assimilate alle cessioni di cui al comma 1, lettera a):

a) (lettera abrogata);

b) le cessioni a titolo oneroso di mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 838, comma 4, trasportati o spediti in altro Stato membro dai cedenti o dagli acquirenti, ovvero per loro conto, anche se non effettuate nell’esercizio di imprese, arti e professioni e anche se l’acquirente non e’ soggetto passivo d’imposta;

c) l’invio di beni nel territorio di altro Stato membro, mediante trasporto o spedizione a cura del soggetto passivo nel territorio dello Stato, o da terzi per suo conto, in base ad un titolo diverso da quelli indicati nel successivo comma 3 di beni ivi esistenti.

2-bis. Non costituiscono cessioni intracomunitarie le cessioni di gas mediante un sistema di gas naturale situato nel territorio dell’Unione europea o una rete connessa a un tale sistema, le cessioni di energia elettrica e le cessioni di calore o di freddo mediante reti di riscaldamento o di raffreddamento, nonche’ le cessioni di beni effettuate dai soggetti che applicano, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, il regime di franchigia.

3. La disposizione di cui al comma 2, lettera c), non si applica per i beni inviati in altro Stato membro, oggetto di perizie o delle operazioni di perfezionamento o di manipolazioni usuali indicate nell’articolo 38, comma 5, lettera a), se i beni sono successivamente trasportati o spediti al committente, soggetto passivo d’imposta, nel territorio dello Stato, ovvero per i beni inviati in altro Stato membro per essere ivi temporaneamente utilizzati per l’esecuzione di prestazioni o che se fossero ivi importati beneficerebbero della ammissione temporanea in totale esenzione dai dazi doganali.

4. Agli effetti del secondo comma degli articoli 8, 8-bis e 9 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le cessioni di cui ai precedenti commi 1 e 2, sono computabili ai fini della determinazione della percentuale e dei limiti ivi considerati.

(2) Articolo 46
Fatturazione delle operazioni intracomunitarie.

In vigore dal 01/01/2013
Modificato da: Legge del 24/12/2012 n. 228 Articolo 1

Nota:
Le disposizioni del presente articolo, come modificato, da ultimo, dall’art. 1, comma 326, lett. e) legge 24 dicembre 2012 n. 228, si applicano alle operazioni effettuate a partire dal 1 gennaio 2013.

  1. La fattura relativa all’acquisto intracomunitario deve essere numerata e integrata dal cessionario con l’indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell’operazione, espressi in valuta estera, nonche’ dell’ammontare dell’imposta, calcolata secondo l’aliquota dei beni. Se trattasi di acquisto intracomunitario senza pagamento dell’imposta o non imponibile o esente, in luogo dell’ammontare dell’imposta nella fattura deve essere indicato il titolo con l’eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o nazionale.
  2. Per le cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 41, e’ emessa fattura a norma dell’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, con l’indicazione, in luogo dell’ammontare dell’imposta, che si tratta di operazione non imponibile e con l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale. La fattura deve inoltre contenere l’indicazione del numero di identificazione attribuito, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, al cessionario dallo Stato membro di appartenenza; in caso di consegna del bene al cessionario di questi in diverso Stato membro, dalla fattura deve risultare specifico riferimento. La fattura emessa per la cessione di beni, spediti o trasportati da uno Stato membro in altro Stato membro, acquistati senza pagamento dell’imposta a norma dell’articolo 40, comma 2, secondo periodo, deve contenere il numero di identificazione attribuito al cessionario dallo Stato membro di destinazione dei beni e la designazione dello stesso quale debitore dell’imposta.
  3. La fattura di cui al comma 2, se trattasi di beni spediti o trasportati dal soggetto passivo o per suo conto, ai sensi dell’articolo 41, comma 2, lettera c), nel territorio di altro Stato membro, deve recare anche l’indicazione del numero di identificazione allo stesso attribuito da tale Stato; se trattasi di cessioni di beni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di cui all’articolo 41, comma 1, lettera b), non si applica la disposizione di cui al secondo periodo del comma 2.
  4. Se la cessione riguarda mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 38, comma 4, nella fattura devono essere indicati anche i dati di identificazione degli stessi; se la cessione non e’ effettuata nell’esercizio di imprese, arti e professioni tiene luogo della fattura l’atto relativo alla cessione o altra documentazione equipollente.
  5. Il cessionario di un acquisto intracomunitario di cui all’articolo 38, commi 2 e 3, lettere b) e c), che non ha ricevuto la relativa fattura entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, deve emettere entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione stessa la fattura di cui al comma 1, in unico esemplare; se ha ricevuto una fattura indicante un corrispettivo inferiore a quello reale deve emettere fattura integrativa entro il giorno 15 del mese successivo alla registrazione della fattura originaria.

(3) DIRETTIVA 2006/112/CE DEL CONSIGLIO
del 28 novembre 2006
relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto

Sezione 1
Esenzioni delle cessioni di beni

Articolo 138

1.   Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.

2.   Oltre alle cessioni di cui al paragrafo 1, gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

a) le cessioni di mezzi di trasporto nuovi spediti o trasportati fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità a destinazione dell’acquirente, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di soggetti passivi o di enti non soggetti passivi, i cui acquisti intracomunitari di beni non sono soggetti all’IVA a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, o di qualsiasi altra persona non soggetto passivo;

b) le cessioni di prodotti soggetti ad accisa spediti o trasportati fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità a destinazione dell’acquirente, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di soggetti passivi o di enti non soggetti passivi, i cui acquisti intracomunitari di beni diversi da prodotti soggetti ad accisa non sono soggetti all’IVA a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, qualora la spedizione o il trasporto dei prodotti in questione siano effettuati in conformità dell’articolo 7, paragrafi 4 e 5, o dell’articolo 16, della direttiva 92/12/CEE;

c) le cessioni di beni consistenti in trasferimenti a destinazione di un altro Stato membro, che beneficerebbero delle esenzioni di cui al paragrafo 1 e alle lettere a) e b) se fossero effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo.