Il D.Lgs. 142/2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2018, ha dato attuazione alla Direttiva UE 2016/1164, Direttiva anti elusione fiscale, (c.d. “Anti Tax Avoidance Directive” – “Atad”).
Nel provvedimento legislativo è inserita la revisione integrale della disciplina in materia di “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) mediante una nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir .
La nuova disciplina è entrata in vigore dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018; per cui, di norma, per i soggetti per cui il periodo d’imposta coincide con l’anno solare la nuova disciplina sulle Cfc si applica a partire dal 01/01/2019.
Le disposizioni dell’articolo 167 Tuir , in base al primo comma comma dello stesso articolo, si applicano alle persone fisiche e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonché’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), che controllano soggetti non residenti, come definiti ai commi 2 e 3.
In base al comma 6 nella nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir, ricorrendo le condizioni di applicabilita’ della disciplina del 167, il reddito realizzato dal soggetto controllato non residente e’ imputato ai soggetti di cui al comma 1, nel periodo d’imposta di questi ultimi in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili del soggetto controllato non residente da essi detenuta, direttamente o indirettamente. In caso di partecipazione indiretta per il tramite di soggetti residenti o di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, i redditi sono imputati a questi ultimi soggetti in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.
Il secondo comma stabilisce che si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:
a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di un soggetto di cui al comma 1;
b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili e’ detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, o tramite società fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1.
In base al terzo comma si considerano altresì soggetti controllati non residenti:
a) le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti di cui al comma 2;
b) le stabili organizzazioni all’estero di soggetti residenti che abbiano optato per il regime di cui all’articolo 168-ter (c.d. “branch exemption”: Esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti).
Ricordiamo che l’articolo 2359 del codice civile stabilisce che sono considerate società controllate:
- le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
- le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
- le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma dell’articolo 2359 del codice civile si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
L’articolo 7, par. 1, lett. a), della Direttiva UE 2016/1164(c.d. “Anti Tax Avoidance Directive” – “Atad”) ritiene che si verifichi il requisito del controllo: “nel caso di un’entità, il contribuente, da solo o insieme alle sue imprese associate, detiene una partecipazione diretta o indiretta di oltre il 50 per cento dei diritti di voto o possiede direttamente o indirettamente oltre il 50 per cento del capitale o ha il diritto di ricevere oltre il 50 per cento degli utili di tale entità“.
Quindi appare evidente che non sarà possibile evitare la tassazione CFC mediante l’escamotage della separazione dei “diritti di voto” rispetto ai “diritti agli utili”.
La nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir elimina la distinzione fra il regime delle c.d. Cfc “black list” e quello più generale riferito alle c.d. Cfc “white list”.
Dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 si configura un unico regime per le Cfc, indipendentemente dalla loro localizzazione, quando ricorrono congiuntamente due requisiti:
- l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia;
- oltre 1/3 dei proventi realizzati dall’impresa estera rientra nella categoria dei d. “passive income” così come è definita in 7 punti contenuti nell’articolo 167, comma 4, Tuir.
Per quanto riguarda il primo requisito (il livello di tassazione dell’impresa estera), non si fa riferimento alla tassazione “nominale”, ma a quella “effettiva”.
Il testo della relazione illustrativa al D.Lgs. 142/2018, nel fare riferimento al confronto tra il tax rate estero e quello nazionale, riguardo a quest’ultimo precisa che il calcolo andrà compiuto rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa estera, e operando quindi un confronto“che riguarda, sul fronte della tassazione virtuale interna, l’imposta sul reddito delle società (Ires)”.
Quindi per quanto riguarda la verifica della tassazione effettiva questa dovrà essere compiuta avuto riguardo alla sola Ires.
Il punto a) del quarto comma fa riferimento al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.
In data 16/09/2016 il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha emanato il PROVVEDIMENTO N. PROT. 143239 , “Disposizioni in materia di imprese estere controllate. Criteri per determinare con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR”
I Criteri di determinazione della tassazione effettiva estera e della tassazione virtuale domestica sono fissati al punto 5 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Nel caso concreto va, quindi, esaminato il livello di tassazione effettiva della controllata in raffrontato, anche alla luce delle direttive emanate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, con il livello di tassazione IRES (attualmente al 24%) per verificare se essa è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia.
Per il “nuovo” regime per le Cfc bisogna anche prendere, congiuntamente. in considerazione il secondo requisito: la prevalenza di proventi da “passive income”.
L’articolo 167, comma 4, Tuir elenca le categorie che appartengono a tale definizione:
Con riferimento alle prestazioni di servizi di cui al punto 7, in riferimento ai “servizi infragruppo a basso valore aggiunto”, la norma richiama le indicazioni contenute nel D.M. 14.05.2018, linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento, (vedi art.7 (2)).
In quanto alla disapplicazione del regime Cfc, la norma prevede che questa possa ricorrere laddove il contribuente dimostri – volendo, anche a mezzo interpello preventivo all’Agenzia delle Entrate – che l’impresa controllata estera svolge una “attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali”.
Una considerazione di rilievo da fare è quella al riguardo della “attività economica effettiva”. Nella precedente formulazione del 167 TUIR, il quinto comma, (“la societa’ o altro ente non residente svolga un’effettiva attività’ industriale o commerciale, come sua principale attività’, nel mercato dello stato o territorio di insediamento“) si faceva riferimento ad una “attività industriale e commerciale”. Nella nuova formulazione del quinto comma si parla di “attività economica effettiva”, quindi si dovrà valutare l’adeguatezza della struttura organizzativa dell’impresa estera rispetto all’attività in concreto svolta.
(2) MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE – DECRETO 14 maggio 2018 – Linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento.
Art. 7 – Servizi a basso valore aggiunto
1. Ai fini della valorizzazione in base al principio di libera
concorrenza di un’operazione controllata consistente nella
prestazione di servizi a basso valore aggiunto e’ data facolta’ al
contribuente di scegliere un approccio semplificato in base al quale,
previa predisposizione di apposita documentazione, la valorizzazione
del servizio e’ determinata aggregando la totalita’ dei costi diretti
e indiretti connessi alla fornitura del servizio stesso, aggiungendo
un margine di profitto pari al 5% dei suddetti costi.
2. Ai fini di cui al comma 1, sono considerati servizi a basso
valore aggiunto quei servizi che:
a) hanno natura di supporto;
b) non sono parte delle attività’ principali del gruppo
multinazionale;
c) non richiedono l’uso di beni immateriali unici e di valore, e
non contribuiscono alla creazione degli stessi;
d) non comportano l’assunzione o il controllo di un rischio
significativo da parte del fornitore del servizio ne’ generano in
capo al medesimo l’insorgere di un tale rischio.
3. Non si considerano in ogni caso a basso valore aggiunto quei
servizi che il gruppo multinazionale presta a soggetti indipendenti.