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Netto Frontiera

I dividendi di fonte estera :

  • percepiti da persone fisiche non imprenditori,
  •  derivanti da partecipazioni non qualificate,
  • riscossi per il tramite di un intermediario finanziario italiano,

sono soggetti a ritenuta a titolo d’imposta, attualmente pari al 26%, applicata sui dividendi al netto delle ritenute in uscita effettuate nello Stato estero (c.d. “netto frontiera”) secondo quanto disposto dall’articolo 27, commi 4 e 4-bis, D.P.R. 600/1973.

La Circolare n. 26/E del 16 giugno 2004 – Agenzia delle entrate – Dir. normativa e contenzioso IRES/2 – Il nuovo regime di tassazione dei dividendi – Chiarimenti – D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344.  – Al paragrafo 3.2  -Utili di fonte estera e proventi equiparati percepiti da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di impresa – afferma che la ritenuta in ingresso sui dividendi da soggetti non residenti a fronte di partecipazioni qualificate viene applicata sul valore netto frontiera.

Successivamente al paragrafo 4.3 si ribadisce l’assoggettamento alla ritenuta del valore “netto frontiera”.
In particolare: “ Determinazione della base di calcolo delle ritenute – 
…………………………
“E’ stato, inoltre, previsto che la ritenuta, sia a titolo d’imposta
sia a titolo d’acconto, si applica sul cosiddetto “netto frontiera” ossia
sull’importo dei dividendi al netto delle imposte applicate nello Stato
estero di residenza. ……………….
Al riguardo, si precisa che per “netto frontiera” si deve intendere
l’importo effettivamente corrisposto al beneficiario finale.
Pertanto, nell’eventualità’ che i dividendi abbiano scontato nel Paese
della fonte, sulla base della relativa normativa interna, un prelievo in
misura superiore rispetto all’aliquota prevista, ad esempio, dalla
Convenzione contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia, la base
imponibile della ritenuta di cui al comma 4 dell’articolo 27 del D.P.R. n.
600 del 1973
deve essere decurtata dell’intero importo delle imposte subite 
nello Stato estero.
Tuttavia, si fa presente che, in caso di utili relativi a partecipazioni non qualificate assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, qualora il contribuente ottenga dall’Autorità’ fiscale estera il recupero della differenza tra le imposte effettivamente subite e l’aliquota convenzionale, la predetta differenza deve essere assoggettata a tassazione in qualità’ di dividendo con le stesse modalità’ previste per gli utili di fonte estera (ritenuta da parte del sostituto d’imposta ovvero, dell’imposta in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi ai sensi dell’articolo 18 del TUIR).
Nel caso, invece, di utili relativi a partecipazioni qualificate, gli stessi concorreranno alla formazione del reddito imponibile al lordo di tutte le  imposte estere eventualmente applicate, con la possibilità’ di scomputo della sola aliquota convenzionale mentre l’eventuale eccedenza non
potrà’ che essere richiesta all’Amministrazione fiscale dello Stato estero e
in caso di ottenimento non dovrà’ essere nuovamente assoggettata a
tassazione.”

Per “netto frontiera”, quindi, si deve intendere l’importo effettivamente corrisposto al beneficiario finale. 

Il valore “netto frontiera” dipende da due variabili:

  • la prima è l’aliquota della ritenuta che lo Stato estero e` legittimato convenzionalmente a trattenere;
  • la seconda è l’aliquota di tassazione interna dello Stato estero che può superare la percentuale convenzionale.

Se l’utile viene riscosso per mezzo di un intermediario residente, la ritenuta d’ingresso del 26% viene operata dalla banca

Come abbiamo visto, è stato chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 26/E del 16 giugno 2004 (§ 4.3), che qualora il contribuente ottenga dall’Autorità fiscale estera il recupero della differenza fra le imposte effettivamente subite e l’aliquota convenzionale, la differenza deve essere assoggettata a tassazione in qualità di dividendo con le stesse modalità previste per gli utili di fonte estera (ritenuta da parte del sostituto di imposta oppure autoliquidazione dell’imposta nella dichiarazione dei redditi ai sensi dell’art. 18 del TUIR).

Il recupero della differenza, tra le imposte effettivamente subite e l’aliquota convenzionale,  assoggettato a tassazione in qualità di dividendo con le stesse modalità previste per gli utili di fonte estera tramite autoliquidazione dell’imposta nella dichiarazione dei redditi nel rigo RM12, deve seguire il criterio di cassa e, quindi, andrà dichiarato nell’anno in cui la suddetta differenza viene “restituita” con applicazione dell’imposta sostitutiva del 26%.

Ipotizziamo:

  • l’aliquota convenzionale è del 10%, ma il prelievo è stato operato all’estero nella misura del 20%;
  • la riscossione  del dividendo di 100 avviene  mediante una banca italiana :
    • la ritenuta d’ingresso è effettuata nella misura di 20,8 (il 26% di 80);
    • il contribuente può richiedere a rimborso all’Ammini­strazione estera la differenza di 10;
    • una volta che questa differenza viene “canalizzata” in capo alla banca italiana, essa trattiene l’importo di 2,6 (il 26% di 10);
    • il prelievo complessivo di 23,4 (20,8 + 2,6) è esattamente pari a quello che graverebbe sulla persona se fosse stata da subito applicata la ritenuta convenzionale del 26% su 90.

In merito al concetto di “netto frontiera” due sono le disposizioni normative che interessano:

  •  la prima è l’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973, che, ai commi 4 e 4-bis,  se nell’incasso interviene un soggetto intermediario stabilito sul territorio italiano, stabilisce l’assoggettamento alla ritenuta a titolo di imposta pari al 26% .
    La ritenuta a titolo di imposta del 26% deve calcolarsi
    sui dividendi al netto delle ritenute subite nello Stato estero: base imponibile “netto frontiera”;
  • la seconda è l’art. 18, comma 1, del T.U.I.R.che stabilisce l’assoggettamento alla imposta sostitutiva nel caso in cui l’incasso da parte dei soci fosse diretto.

L‘art. 18 del T.U.I.R. non fa alcun riferimento al valore “netto frontiera”, valore al quale fa invece riferimento il D.P.R. n. 600/1973, ma si limita a disciplinare l’aliquota di tassazione equiparandola a quella applicabile a titolo di imposta.
Se ne potrebbe dedurre che la base imponibile di riferimento sia differente a seconda che intervenga o meno un intermediario: nel caso di un suo intervento la base di tassazione sarebbe inferiore,
venendo la medesima ridotta delle ritenute operate all’estero.

Mentre, infatti, in base ai principi generali che regolano la materia l’imposta sostitutiva del 26%, da liquidare nel rigo RM12 del modello REDDITI  PF, dovrebbe avere quale base imponibile il dividendo assunto al netto delle imposte assolte all’estero, le istruzioni al modello di dichiarazione rimangono ferme nello stabilire che la base imponibile è individuata nell’utile al lordo delle ritenute subite all’estero, soluzione che troverebbe conferma anche nella risoluzione n. 80/2007 (….Nel caso in cui, invece, la materiale riscossione degli utili distribuiti dai soggetti non residenti non dovesse avvenire per il tramite di un intermediario residente che interviene nella riscossione del reddito in qualità di sostituto d’imposta, troverebbe applicazione l’art.18 del Tuir il quale dispone che tali redditi devono essere assoggettati ad un’imposizione sostitutiva da applicare all’utile/dividendo distribuito dal soggetto non residente, che va considerato al lordo delle eventuali ritenute operate all’estero a titolo definitivo……).

La differenza può risultare, in certi casi, sensibile: posto,  100 l’utile lordo e in 20 la ritenuta estera, assumendo quale base imponibile l’utile al netto delle imposte estere l’imposta italiana sarebbe pari a 20,8 (il 26% di 80), mentre, in base alle istruzioni essa ammonterebbe a 26 (il 26% di 100).

La circolare dell’Agenzia delle entrate 5 marzo 2015, n. 9/E afferma: “.. Sulla base di tale disposizione, infatti, i redditi di capitale corrisposti da soggetti non residenti e percepiti direttamente all’estero senza l’intervento di un sostituto d’imposta sono soggetti, a cura del contribuente, in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi, ad imposizione sostitutiva nella stessa misura delle ritenute a titolo d’imposta che sarebbero applicate se tali redditi fossero corrisposti da sostituti d’imposta o intermediari italiani. ….

Si tratterebbe di capire se l’espressione “stessa misura” si riferisca alla pura aliquota o, piuttosto, faccia riferimento anche alla base imponibile.

Ragioni di equità, legate all’esigenza di parificare il trattamento degli utili percepiti direttamente e degli utili riscossi mediante intermediario, imporrebbero l’obbligo di tassare, nel quadro RM, l’utile al netto dell’imposta estera, quale che sia la misura con cui essa sia stata applicata.

Se così non fosse perderebbe di significato la stessa indicazione della circolare n. 26/2004, fornita anche con riferimento al caso dei dividendi percepiti direttamente, secondo cui il rimborso della ritenuta prelevata in eccesso rispetto alla misura convenzionale deve essere nuovamente assoggettato a tassazione.

Riprendendo l’esempio precedente, è evidente che, se nel quadro RM si dovesse tassare subito tutto l’importo di 100, la differenza di 10 non dovrebbe più essere soggetta ad imposta.

Si potrebbe ipotizzare che le istruzioni facciano riferimento al caso generale dei redditi di capitale (per i quali vale la tassazione “lordo frontiera”), dimenticandosi però dell’eccezione (i dividendi), per cui invece vale il “netto frontiera”.

Se così è, un intervento di adeguamento delle istruzioni risulterebbe probabilmente necessario per superare dubbi e rischi di contenzioso.

Il legislatore dovrebbe intervenire sulla questione, ponendo fine a contenziosi potenzialmente possibili.

La stessa Amministrazione, nel silenzio del legislatore, dovrebbe prendere una posizione definitiva sulla questione pervenendo all’armonizzazione dei “netti frontiera” affermando in modo chiaro che in Dichiarazione va indicato lo stesso “netto frontiera” sul quale e` stata applicata dagli intermediari la ritenuta del 26% in entrata sopprimendo in tale modo la discriminazione, per lo meno con riferimento alla sola base imponibile, pervenendo ad assoggettare con certezza la stessa base imponibile a tassazione, sia da parte dell’intermediario finanziario, sia da parte del contribuente in sede di Dichiarazione.

Sarebbe sufficiente conferire all’espressione “con la stessa misura”, contenuta nella circolare dell’Agenzia delle entrate 5 marzo 2015, n. 9/E, il significato di “stesso imponibile” e “stessa aliquota”.